Emanuele Sbacchi - Terapia del Dolore - Ozonoterapia

LINFEDEMA FLEBOLINFEDEMA DELLE GAMBE



LINFEDEMA , FLEBOLINFEDEMA DELLE GAMBE


E’ impensabile parlare separatamente delle due patologie, in quanto l’un sistema collabora con l’altro nel reflusso dei liquidi circolanti e quindi la patologia del sistema linfatico coinvolge quella del sistema venoso e viceversa. 
L’edema di un arto puo’ dipendere da due ordini di cause:
 - eccesso di acqua nello spazio extracellulare come nelle trombosi venose, flebopatie in genere, ipoproteinemie, insufficienza cardiaca e renale. In questo caso il sistema linfatico, nel tentativo di compenso, e’ sovraccaricato e presenta un flusso aumentato. La causa dell’edema e’ nella grande circolazione e quindi potremo parlare di Flebolinfedema a basso contenuto proteico.


 - deficit linfatico primitivo (ipoplasia congenita, malattia di Milroy ) o secondario a patologia ostruttiva, compressiva o distruttiva (traumi, neoplasie, flogosi con fibrosi, radioterapia, filariosi). La causa dell’edema e’ dovuta a ridotto flusso linfatico e si parla di Linfedema. Il liquido interstiziale presenta un alto contenuto di macromolecole proteiche. I linfatici svolgono, infatti, un ruolo fondamentale nella clearance tessutale delle macromolecole, trasporto non effettuato per via venosa. La presenza di proteine nel liquido interstiziale aggrava l’edema da ipoafflusso linfatico perche’ richiama acqua dai vasi per osmosi e pertanto il linfedema cronico puo’ portare a dimensioni mostruose (elefantiasi) l’arto.

Linfedema
Il Linfedema puo’ essere diviso in 5 stadi:
I stadio: subclinico
II stadio: edema presente (“segno del dito”) e che regredisce spontaneamente con il riposo e la posizione declive
III stadio: edema presente e che regredisce solo parzialmente con terapie combinate ma senza deformazione dell’arto
IV stadio: elefantiasi
V stadio: grave deformazione dell’arto con lesioni cutanee trofiche ed ulcerative, fibrosi, atrofia muscolare, micosi e grave impotenza funzionale.
Quasi la meta’ dei linfedemi e’ primaria, da linfangioadenodisplasia congenita, seguono per frequenza quelli parassitari (Filaria Bancrofti), indi quelli post-chirurgici secondari in primis al trattamento del carcinoma mammario (linfoadenectomia ascellare e/o radioterapia) che costituiscono la gran parte dei linfedemi dell’arto superiore, indi secondari a chirurgia dei carcinomi della cervice uterina, a quella di tumori urologici, a quella di melanomi, a linfomi di Hodgkin. Seguono i flebolinfedemi da sovraccarico del sistema linfatico come ad esempio nelle flebotrombosi profonde.
La Diagnosi si basa su anamnesi, esame clinico (con stadiazione) ed una serie di metodiche strumentali, invasive e non. Fra queste ricordiamo, la linfocromia, la linfografia (oggi obsolete), la linfoscintigrafia (si usa albumina marcata con Tc99 e ci indica il flusso ed eventuali reflussi linfatici), l'eco-color-doppler, l’ecografia tessuti molli (per valutare edema, fibrosi, spessore del sottocute e la presenza di laghi linfatici), la tometria, la capillaroscopia, il laser-doppler, la TAC e la NMR.
La terapia del linfedema deve essere rivolta non solo verso il riassorbimento del liquido interstiziale ma anche delle proteine, solo in questo modo è possibile avere risultati più duraturi. 
Rimuovere esclusivamente la frazione idrica, ad esempio mediante diuretici, significa ottenere un risultato transitorio, nonchè concentrare pericolosamente le proteine nell'intestizio con rischio di fibrosi e recidiva. 
I presidi terapeutici piu’ in uso sono:
Linfodrenaggio manuale (deve precedere gli altri per creare centripetalmente gli spazi linfatici per raccogliere i liquidi drenati perifericamente)
Pressoterapia sequenziale pneumatica (meccanica), eseguita con valori pressori crescenti nelle sedute successive da 60 a100 mmHg per un tempo di 30’ . La Pressoterapia va fatta dopo il linfodrenaggio manuale per evitare rottura dei setti interstiziali, flogosi e fibrosi ed e’inutile nel IV e V stadio. 
Elastocompressione (bendaggio elastico indi bracciali o calze). Essa va da 20 mmHg a 60mmHg dal I al V stadio, salendo di 10mmHg ogni stadio. Bisogna ammorbidire la compressione in corrispondenza di sporgenze ossee (cresta tibiale e tendine di Achille) e di fasci vasculo-nervosi (polso e gomito). Bisogna coinvolgere nell’elastocompressione il dorso del piede che caratteristicamente e’ edematoso nel linfedema primitivo e decrescere la compressione andando centripetalmente. 
L’efficacia delle terapie sopradette viene valutata dalla riduzione delle dimensioni dell’arto e dalla necessita’ di urinare del paziente a fine seduta.
In corso di linfodrenaggio manuale, pressoterapia sequenziale ed elastocompressione è indicato l'utilizzo di polvere di cumarina (talco). La Cumarina avrebbe un’ azione linfocinetica, accelerando il flusso linfatico nei collettori linfatici e favorirebbe il riassorbimento delle proteine dall’interstizio stimolando l’attivita’ macrofagica e proteolitica. 
La terapia farmacologica comprende infatti prevalentemente gli a-benzopironi, fra cui la cumarina, le rutine ed i g-benzopironi tra cui i bioflavonoidi tra cui la diosmina.

L’OZONOTERAPIA viene da me praticata gia’ al primo approccio col paziente affetto da linfedema. Vengono effettuate piccole e multiple infiltrazioni locali di Ozono a bassa concentrazione, con ago da mesoterapia, nelle aree edematose. Dopo alcuni secondi fuoriesce dai forellini delle punturine un liquido fortemente schiumoso (proteico), giallastro. Le applicazioni di ozono vanno alternate con le altre terapie sopracitate ma non nella stessa seduta.
Flebolinfedema
Colpisce esclusivamente l’arto inferiore, in specie la gamba, a differenza del linfedema. Il sistema venoso della gamba consta di vene profonde, parallele al sistema arterioso, vene superficiali e vene comunicanti. I muscoli del polpaccio e la leva plantare che essi muovono, agiscono come pompa per agevolare il ritorno venoso verso il cuore contro gravita’ (e’ come la leva di un pozzo). Tale pompa e’ intermittente, come nella deambulazione, per cui vi sono delle valvole intravenose che evitano il reflusso. Il sangue viene, nei soggetti normali, richiamato dalle vene superficiali alle profonde dal negativizzarsi della pressione in queste ultime ad opera della leva muscolo-articolare precedentemente detta. Nei pazienti con flebolinfedema questa negativizzazione non c’e’ anzi vi e’ una ipertensione venosa cronica (IVC). Ma e’ errato pensare che l’ulcera che puo’ formarsi nel flebolinfedema sia dovuta alla sequenza: “stasi venosa”, anossia tessutale, necrosi (Homans, 1917), in quanto nell’IVC il sangue mantiene buona ossigenazione, circola piu’ velocemente e vi e’ una neoformazione capillare nel derma (Blalock, 1929). La causa e’ invece il formarsi di manicotti di fibrina pericapillari che impediscono gli scambi nutritizi col derma. I depositi di fibrina non solo impedirebbero la diffusione di ossigeno nei tessuti ma aumenterebbero la fuoriuscita di liquidi dai vasi, stimolerebbero una risposta infiammatoria e genesi di collagene fino alla fibrosi. Ma a che e’ dovuta la presenza di fibrina pericapillare che e’ causa di tutto cio’? Secondo me l’aumentata pressione capillare da IVC, porta a piccoli stravasi ematici da cui la presenza di fibrina pericapillare e la “discromia marrone” che accompagna il flebolinfedema anche prima che si formi l’ulcera e che lo differenzia dal linfedema in cui la cute e’ pallida traslucida (Scuccimarra, 2000). Le patologie venose che causano quanto detto, sono:
---IVC da varici primitive idiopatiche da assenza congenita delle valvole venose e da insufficienza valvuloparietale della vena grande e piccola safena e delle perforanti della gamba. 
---IVC da varici nella malattia post-tromboflebitica (MPTF): e’ la causa piu’ frequente (75%). E’ l’ostruzione trombotica di vena profonda (iliaca, ileofemorale) o comunicanti (perforanti) della gamba, trascorsa clinicamente silente nel post-partum o dopo chirurgia o trauma o permanenza prolungata a letto. La Tromboflebite acuta profonda esordisce con improvviso edema a buccia di arancia (pitting edema), cianosi, ipertermia locale, dolore nei movimenti del piede.
---varici da fistole arterovenose 
---varici nella sindrome di Klippel –Trenaunay
---emangiomatosi
---sindrome da insufficienza della vena comunicante fra femorale e grande safena (mid-thigh communicating vein , crosse)
---vasculite necrotizzante cutanea
---teleangectasie
---atrofia bianca di Milian
---varici prominenti degli atleti
---eritema pernio
---livedo reticolare
Il Flebolinfedema e’ posturale, cioe’ si accresce se gli arti inferiori sono in posizione declive e si riduce ad arti sollevati. Puo’ non essere manifesto in caso di IVC se sono distrutte solo le valvole delle vene comunicanti. L’edema si accompagna ad arrossamento perimalleolare interno (ankle flare) e senso di pesantezza a fine giornata e dopo prolungata stazione eretta e crampi notturni. In caso di IVC da varici da tromboflebite sono presenti discromia marrone data da pigmentazione da deposizione di emosiderina e lipodermatosclerosi con indurimento nodulare. Una desquamazione con eczematizzazione prevale invece nelle varici idiopatiche.
Per la valutazione delle varici c’e’ l’esame fisico ispettivo, palpativo (cordoni duri nelle trombosi, fremiti nelle fistole A-V), percussivo (trasmissione dell’impulso) e prove con laccio: Brodie- Trendelenburg (insufficienza grande safena), doppia prova del laccio (insufficienza piccola safena), Test di Perthes (se, mettendo il laccio alla coscia, dopo deambulazione, le vene superficiali si gonfiano c’e’ insufficienza delle perforanti o del circolo profondo ).
L’esame piu’ importante per valutare una IVC da Varice e’ l’Ecocolordoppler che consente di localizzare e quantificare un reflusso venoso con la cartografia venosa che e’ una specie di mappa disegnata sul paziente prima di scleroterapia con mousse o correzione chirurgica (CHIVA o Stripping). Occorre eseguire anche l’esame delle arterie in quanto vi puo’ essere una concomitante insufficienza arteriosa. Importanti sono pure la pletismografia, la flebografia, la TC, NMR e flebografia digitale il laser-doppler, la capillaroscopia.
Il flebolinfedema va curato in base alla causa. Prima va tentata una terapia conservativa con farmaci e compressione e dipoi scleroterapia e chirurgia. I farmaci utili sono i fibrinolitici (eparina, mesoglicano, defibrotide), i vasoprotettori (etamsilato, diosmina), cumarina, pentossifillina. La compressione va evitata se c’e’ insufficienza arteriosa (indice caviglia-braccio inferiore a 0,7). La compressione puo’ essere attuata con diversi mezzi : bendaggi elastici, e non elastici (stivaletto di Unna), apparecchi ortosici (composti da una serie di bande di velcro), calze a compressione graduata (classe I=20-30mmHg, classe II=30-40mmHg, classe III=40-50mmHg, classe IV=>60mmHg), pompe a compressione. La compressione rimane la terapia principale.

L’OZONOTERAPIA viene da praticata dopo aver ben chiara la causa del flebolinfedema. Vengono effettuate piccole e multiple infiltrazioni locali di Ozono a bassa concentrazione, con ago da mesoterapia, nelle aree edematose e perivenose. Non va praticata compressione dopo la seduta di ozono.

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