Emanuele Sbacchi - Terapia del Dolore - Ozonoterapia

Trapani Palermo Gela: Trattamento Ernia del Disco Cervicale 2 Livelli - Discectomia Percutanea Laser



Paziente: anni 36 donna

SINTOMI: Dal 2010 affetta CERVICOBRACHIALGIA con irradiazione spalla/braccio/mano BILATERALE
oltre a dolore: sensazione di CALORE e "SCOSSE ELETTRICHE"

RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE: 
- Ernia del disco C4 - C5 con severo impegno foraminale bilaterale prevalente destro
- Ernia del disco C5 - C6 con paramediana destra che cancella lo spazio peridurale
- Ernia del disco C6 - D1 severo bulging discale

Trattamento: Discectomia Percutanea Laser bilivello C4 - C5 e C5 - C6

Casa di Cura Villa dei Gerani - Erice Casa Santa - Trapani







Trattamento Ernia del disco L5 S1: Discectomia Percutanea Laser






Paziente: anni 28 donna

Dal 2001 episodi di lombosciatalgia; da circa un anno severa lombalgia e sciatalgia con irradiazione al piede destro

Diagnosi: Ernia del disco L5 S1 mediana - paramediana destra

Trattamento: Discectomia Percutanea Laser

Casa di Cura Villa dei Gerani - Erice Casa Santa - Trapani




La Discectomia Percutanea Laser (PLDD - Percutaneous Laser Disc Decompression) è una procedura chirurgica utilizzata per la cura dell'ernia del disco

Terapia del Dolore Vertebrale a Trapani




- Terapie  ambulatoriali infiltrative e ozonoterapia ecoguidate per patologie dolorose colonna vertebrale  e grandi articolazioni

- Ricovero in regime di convenzione con il SSN per intervento di discectomia percutanea laser per ernia del disco cervicale o lombare

- Ricovero in regime di convenzione con il SSN per intervento di peridurolisi per lombosciatalgia e cervicobrachialgia

- In regime privato Ozonoterapia Transformainale TAC - RX Guidata per trattamento ernie discali espulse 

- In regime privato Radio Frequenze Spalla Ginocchio Anca per pazienti con dolore alle grandi articolazioni ma non operabili o già sottoposte ad intervento chirurgico







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Cervicalgia e Cefalea da faccette articolari infiammate: infiltrazioni ecoguidate e radiofrequenza






CAUSE DI CERVICALGIA

Le principali cause di cervicalgia che persiste nel tempo sono:
1) Sindrome delle faccette articolari cervicali. Le faccette articolari o articolazioni zigoapofisarie sono delle strutture di contatto tra una vertebra e l'altra. Questa causa sebbene sia abbastanza comune è talvolta trascurata perché non rilevata alla visita del paziente.
2) Malattia del disco intervertebrale cervicale con il cosiddetto dolore “discogenico”
3) La protrusione o l'ernia del disco che irrita o comprime una radice nervosa cervicale (di solito al di sotto della 4° vertebra cervicale). Il paziente sente dolore o fastidio cervicale con irradiazione all'arto superiore (parestesie/disestesie).
4) Patologia dei legamenti longitudinali anteriori e posteriori nell'ambito della sindrome da instabilità vertebrale
5) Patologia dei muscoli, con la frequentissima sindrome dei trigger points miofasciali
 Le cause in percentuale del dolore cervicale sono:
  • 23% Sindrome delle faccette articolari cervicali
  • 20% Dolore deriva dal disco
  • 41% Dolore da entrambe le sedi
  • 17% Dolore da altre sedi

LA SINDROME DELLE FACCETTE CERVICALI SUPERIORI E INFERIORI

I paziente con dolore cervicale si dividono in tre gruppi:
1) Pazienti con dolore della parte più alta con dolore che si irradia alla testa (con la cosiddetta cefalea cervicogenica o nevralgia occipitale)
2) Pazienti con dolore della parte cervicale bassa con irradiazione alla zona del trapezio e scapolare.
3) Pazienti con i due quadri clinici associati
Queste sindromi possono esordire in seguito ad un trauma con colpo di frusta.
La cervicalgia spesso è accompagnata da fenomeni accessori come le vertigini. Il territorio di distribuzione del dolore che deriva dalle faccette articolari cervicali è visibile nella figura.
Faccette articolari

Le faccette possono essere visualizzate da una radiografia, da una TAC o da una risonanza magnetica cervicale.

TRATTAMENTO

L'Algologia e l'Algologo

Angologia



L'algologo non è il terapista del dolore e il suo compito primario non è quelllo di eseguire la terapia del dolore ma porne la diagnosi patogenetica e sceglierne la cura.
E' auspicabile che in avvenire gli algologi nascano tali e si sentano tali e non più anestesisti, neurologi o neurochirurghi dediti all'algologia; è su questi concetti che si deliniea il profilo dell'algologo, ovvero lo specialista che sulla base della conoscenza della fisiopatologia e della semeiotica del dolore è in grado di porre la diagnosi patogenetica del dolore e di decidere il trattamento adeguato che può essere di competenza sua come di altri specialisti.
Posto che quel che definisce l'algologo è la competenza diagnostica, sul piano terapeutico ogni algologo deve dedicarsi ad un settore (farmacologico, comportamentale o chirurgico) a seconda della personale attitudine e specifica preparazione in paritetico scambio di competenze con altri per eseguire le terapie che esulano dalla sua routine. Va superata la tendenza del medico ad "attaccarsi tenacemente al suo paziente e sperimentare tutti i metodi terapeutici con i quali ha familirità, anche quando le probabilità di successo sono inadeguate".

Purtroppo finchè gli algologi eseguiranno l'algologia come attività collaterale di una discplina che prevede altri compiti totalmente differenti, la maggior parte della pratica clinica algologica rimarrà compito di ogni medico che nell'ambito della propria specialità incontra pazienti con dolore. In queste condizioni, i pazienti continueranno ad essere senza diagnosi algologica. L'importanza sociale ed umanitaria del gran numero di pazienti con dolore persistente o cronico mertita l'attenzione della classe medica specializzata affinchè i malati non siano considerati incurabili o inadeguatamente trattati da improvvisati terapisti del dolore o da specialisti che, pur preparati nella loro disciplina, non sono algologi.
"La chirurgia percutane del dolore
G. Orlandini
Antonio Delfino Editore
2011
J.J. Bonica [1990] affermò che il dolore cronico è "uno dei problemi sanitari e sociali più grave e pressante perchè affligge annualmente milioni di individui ed il sollievo è insufficiente per molti pazieni". Egli calcolò che per questa causa negli USA nel 1986 furono persi oltre 400.000.000 di giornate lavorative con un costo comprensivo dell'assistenza sanitaria, degli indennizzi e dei compensi legali di 79.000.000.000 di dollari.
The Managemente of Pain
J.J. Bonica
1990

La SACROILEITE e quel CHIODO alla natica quando CI SI ALZA IN PIEDI ...






INFIAMMAZIONE ARTICOLAZIONE SACROILIACA
-
SACROILEITE



La Sacroileite è un'infiammazione di una o di entrambe le articolazioni sacro-iliache,  che collegano il sacro alle ali iliache del bacino; sono fra le articolazioni maggiormente sottoposte a stress in quanto “scaricano” il peso della parte superiore del nostro corpo sugli arti inferiori collegando la colonna vertebrale e del bacino; colpisce prevalentemente le donne.





Sintomi:

E’ frequente che oltre al dolore nella zona corrispondente all’articolazione sacroiliaca siano presenti zone di dolore riferito in sedi più o meno distanti (dolore regione gluteo, inguine, lombare, coscia anteriore e posteriore, gamba) motivo per cui spesso la diagnosi differenziale con altre patologie che causano dolore può risultare assai difficile (sciatalgia, lombalgia da discopatia, sindrome delle faccette articolari, sindrome del muscolo piriforme, ecc).





Il paziente riferisce dolore nella regione glutea (mono o bilaterale), appena lateralmente la linea mediana, caratteristicamente riferisce sensazione di “chiodo” nella regione, spesso la sensazione di dolore riguarda una zona più vasta (per il fenomeno dell’amplificazione dei campi recettoriali e spinale) ovvero coscia posteriore e lombare.

Il paziente riferisce lieve miglioramento quando in scarico (disteso) ma tipicamente il dolore si presenta quando tenta di cambiare posizione a letto, peggiora quando dalla posizione seduta passa alla posizione in piede; risulta difficile stare in piedi per lungo tempo, sostenere il peso corporeo più su una gamba rispetto all’altra, salire le scale.

La gravidanza, a seguito dell’espansione dell’osso pelvico per prepararsi al parto può infiammare la zona intorno alle articolazioni sacro-iliache.


La diagnosi si effettua con delle manovre di stress per evocare il dolore, esami radiologici ed eventuali test ematochimici in caso si sospetti artrite reumatoide o altra patologia sistemica:






AIFA: Nota Informativa Importante su Diclofenac


L'Agenzia Italiana del Farmaco rende disponibili  nuove e importanti informazioni sulle modalità di utilizzo dei medicinali contenenti diclofenac ad uso orale senza obbligo di ricetta.

Tali importanti informazioni di sicurezza fanno seguito alle conclusioni della Commissione Europea del 25 Settembre 2013 sul rischio cardiovascolare associato alla somministrazione di diclofenac.

Nello specifico, sebbene i dati indichino un effetto dose-dipendente sul rischio trombotico associato all’uso di diclofenac, in particolare a dosi elevate, è difficile stabilire una chiara dose limite oltre la quale i rischi aumentano in modo significativo.

Alcuni studi riportano un’associazione anche a dosi più basse. Sulla base dei dati finora disponibili, il Comitato di Valutazione dei Rischi per la Farmacovigilanza (PRAC) dell’EMA ha concluso che non è possibile escludere il rischio trombotico cardiovascolare, tra tutte le dosi di diclofenac, soprattutto nei pazienti con co-morbilità preesistenti.

Gli Operatori sanitari sono invitati ad informare i pazienti sulle nuove limitazioni d’uso che devono essere immediatamente attuate per i medicinali contenenti diclofenac ad uso orale senza obbligo di ricetta al fine di minimizzarne il rischio.

Le indicazioni prevedono di
non utilizzare il farmaco per curare l’influenza e gli stati febbrili
non usarlo nei bambini al di sotto dei 14 anni
non superare la dose massima giornaliera di 75 mg
non superare i 3 giorni di terapia.

Inoltre, i pazienti devono essere sensibilizzati sull’importanza dell’appropriatezza di utilizzo di tali medicinali e sugli eventuali rischi cardiovascolari e gastrointestinali ad essi associati.

Per maggiori informazioni leggi la Nota informativa Importante











fonte aifa http://www.agenziafarmaco.gov.it/it/content/aifa-nota-informativa-importante-su-diclofenac#.VdL__7nJk_w.facebook

Pet Therapy: definite le linee guida


cane è il miglior amico dell’uomo e forse anche il suo miglior terapeuta

Insieme a lui a dare più che un aiuto nei percorsi di guarigione di adulti e bambini ci sono anche gatti, cavalli, asini e conigli. È la Pet Therapy ed è molto di più che un piccolo sostegno a quattro zampe, è un processo di cura vero e proprio. Per questo arrivano le Linee Guida nazionali sugli interventi assistiti con gli animali (Iaa), Pet Therapy, per standardizzarne i protocolli e stabilire norme a tutela di animali e operatori.

Presentate all’Expo 2015 in occasione del convegno organizzato da Rete Italiana Iaa in collaborazione con il Ministero della Salute, Coldiretti e Codacons, nelle linee guida si definiscono le caratteristiche delle strutture dove la Pet Therapy può essere praticata, oltre ai requisiti sanitari e comportamentali degli animali, che devono essere sottoposti ad uno specifico percorso di addestramento che non deve ovviamente prevedere alcun metodo coercitivo, tutelando sempre il benessere degli animali stessi anche ”attraverso il rilievo di indicatori dello stress”.

Vengono poi indicati nel dettaglio i percorsi formativi per gli operatori, come veterinari e sanitari in equipe multidisciplinari: la formazione è erogata dal Centro di referenza nazionale per gli Iaa, dall’Istituto superiore di sanità (Iss) e dagli Enti accreditati. ”Con l’approvazione da parte della Conferenza Stato Regioni, lo scorso marzo, delle Linee Guida sugli interventi assistiti con gli animali – afferma il sottosegretario alla Salute Vito De Filippo – l’Italia pone una pietra miliare e si contraddistingue quale primo Paese al mondo ad avere stabilito una norma di riferimento nel contesto della mediazione uomo-animale”.

“Gli animali domestici – prosegue – possono svolgere un importante ruolo di mediatori nei processi terapeutico-riabilitativi ed educativi e il loro coinvolgimento, in ambito terapeutico, avrà sempre una maggiore diffusione uscendo dall’empirismo iniziale e seguendo sempre più un approccio scientifico”. Infatti, ”nonostante in Italia sia ancora esiguo il numero di pubblicazioni scientifiche sull’efficacia terapeutica degli interventi con gli animali, i risultati di vari progetti condotti con il Centro di referenza e con l’Iss ed i successi ottenuti in Centri di eccellenza, come l’Ospedale Meyer di Firenze e l’Ospedale Niguarda di Milano – conclude De Filippo – sono estremamente incoraggianti”.




fonte: http://www.popsci.it/pet-therapy-definite-le-linee-guida.html

Cannabis: da droghe leggere danni pesanti

In realtà, “i danni provocati dalle cosiddette droghe leggere sono molto pesanti”. A parlare è Umberto Tirelli, direttore del Dipartimento di oncologia medica del Centro di ferimento oncologico di Aviano, bocciando senza appello la proposta di legge bipartisan presentata da 218 parlamentari per legalizzare la cannabis. Varie, spiega l’esperto, le ragioni a sostegno del ”no alla legalizzazione”.
Innanzitutto, chiarisce, ”la quantità di principio attivo della cannabis è passata dal 5% degli anni ’70 al 50-80% di oggi. Non esistono droghe leggere, e la cannabis superpotente, poiché modificata, è spacciata soprattutto fra i giovani e giovanissimi che la usano senza sapere i rischi che corrono”. Ed ancora ”a chi fuma marijuana, va detto che questa abitudine danneggia gravemente i polmoni, aumenta il rischio di cancro, danneggia le facoltà cognitive come l’attenzione e la memoria ed aumenta conseguentemente il rischio di incidenti stradali”.
Il punto, secondo Tirelli, è che ”nella nostra società si è andata sempre più evidenziando una sorta di accettazione, quasi ineluttabile, delle droghe in generale, basti pensare a quello che è successo nello sport e all’uso degli anabolizzanti. Ma se esiste il fumo di sigaretta e se esiste l’abuso dell’alcool, non e’ possibile accettare il principio che per non fare delle differenze devono essere approvate anche la marijuana e le altre droghe cosiddette leggere”.
Inoltre, prosegue, ”è ovvio che se il fumo di sigaretta provoca ogni anno nel mondo un milione di tumori del polmone, il fumo delle droghe leggere aggiunge solo altre vittime. Infatti, non è la nicotina che provoca questi problemi, anche se è ovviamente alla base della dipendenza che si crea fumando il tabacco, bensì i prodotti della combustione che sono cancerogeni, ed è lo stesso processo che si verifica fumando marijuana”. Il tutto con un’aggravante: ”la marijuana, a differenze del tabacco, può provocare alterazioni cerebrali, senza escludere effetti a medio e lungo termine sulla funzionalità del cervello stesso e sul sistema immunitario”.
Insomma, conclude l’oncologo, ”bisogna combattere contro ogni tipo di droga ed è senz’altro consigliabile che almeno i medici si oppongano decisamente all’utilizzo delle droghe leggere da parte di chicchessia e che i politici facciano in modo, con leggi adeguate, non di legalizzare le droghe come vorrebbero fare oggi, ma di combattere il fenomeno senza fare inutili distinzioni tra quello che viene considerato leggero o pesante. E’ soltanto dannoso”.






Fonte: http://www.popsci.it/cannabis-da-droghe-leggere-danni-pesanti.html

Dolore nei bambini? Lo misura l’algoritmo

Il dolore nei bambini è spesso difficile da quantificare, ma in aiuto dei medici può essere usato l’algoritmo che permette ai computer di riconoscere i volti opportunamente modificato. Lo ha dimostrato uno studio della San Diego School of Medicine pubblicato dalla rivista Pediatrics, secondo cui il programma è in grado di dare una stima uguale a quella fatta dai genitori e migliore di quella degli infermieri. Lo studio si basa su 50 bambini e ragazzi tra i 5 e i 18 anni che si erano sottoposti ad appendicectomia in un ospedale di San Diego.
I ricercatori hanno filmato i partecipanti in tre differenti visite post intervento, a 24 e 48 ore e a due settimane, raccogliendo anche la stima del dolore provato dei pazienti, dei genitori e di un infermiere. Il software, che si basa su 46 movimenti possibili del volto, ha eseguito una stima del dolore provato su una scala da 1 a 10, che poi è stata confrontata con le altre. “Di solito i genitori sono più accurati dei medici nello stimare il dolore dei propri bambini – spiegano gli autori – ma non sono sempre presenti. Il programma si è dimostrato bravo quanto i genitori nel dare un voto al dolore, e migliore rispetto al personale sanitario”.

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 Fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/dolere-nei-bambini-lo-misura-lalgoritmo.html

Emicrania: prescrizioni inappropriate di oppiacei e barbiturici


La prescrizione inappropriata di oppiacei e barbiturici per il trattamento dell’emicrania è un fenomeno comune: lo ha stabilito un recente studio che ha esaminato per primo le recenti statistiche riguardo il consumo di questi farmaci su 217 pazienti che si sono presentati all’osservazione in un centro cefalee.
Secondo Mina Minen della New York University, autrice dello studio, questi risultati sono sorprendenti in quanto le attuali linee guida indicano che questi farmaci non siano raccomandati come trattamento di prima linea per le cefalee primarie, ma essi sono ancora usati da un sostanziale numero di pazienti. Diverse società specialistiche hanno editato raccomandazioni che sconsigliano l’uso indiscriminato di oppiacei o barbiturici per il trattamento dell’emicrania, consigliando invece i triptani come trattamento di prima linea per le emicranie moderate-gravi ed i FANS per cefalee più lievi. Altrettanto sorprendente è stata la durata per cui molti pazienti hanno ricevuto oppiacei o barbiturici, dato che un quarto di essi ha riportato di averli assunti per più di 2 anni. Un documento edito dall’American Academy of Neurology ha dichiarato che non sussistono evidenze sostanziali a supporto dell’impiego a lungo termine degli oppiacei e che esso comporta gravi rischi di overdose e dipendenza. Secondo alcuni esperti, peraltro, oppiacei e barbiturici risultano inappropriati per questi pazienti anche perché essi inducono cefalee ancora più frequenti se assunti in eccesso. (American Headache Society (AHS) 57th Annual Scientific Meeting. Abstract PF01, presentato il 19/6/2015)



Fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/emicrania-prescrizioni-inappropriate-di-oppiacei-e-barbiturici.html

Dolore lombare: responsabilità spesso malposte

tags cervicobrachialgia sintomi coxalgia mal di schiena terapia ozonoterapia ernia disco lombosacrale
protrusione intraforaminale bilaterale  ernia lombosacrale cure fibromialgia e ozonoterapia flebolinfedema

I soggetti che soffrono di dolore lombare spesso pensano che uno specifico momento di sforzo estremo abbia scatenato il loro problema, anche se alcuni semplici gesti della vita quotidiana hanno la stessa possibilità di contribuirvi. In una recente ricerca, due terzi dei 999 pazienti interpellati ha incolpato dei propri problemi una specifica esperienza vissuta nel giorno in cui il dolore è insorto. Dato che i fattori scatenanti del dolore lombare possono intervenire giorni o anche settimane prima dell’insorgenza improvvisa del problema, è probabile che molti pazienti ne attribuiscano erroneamente le origini.

Benchè il dolore lombare acuto tenda ad essere caratterizzato da una prognosi positiva e migliori con il tempo, il mancato riconoscimento dei segnali d’allarme può avere conseguenze negative. Il dolore lombare rappresenta una delle principali cause di disabilità, interessando un soggetto su 10. Il rischio di sviluppare questo genere di dolore aumenta con l’età ed esso può essere trattato mediante farmaci, esercizio, applicazioni di calore o ghiaccio o talvolta con la chirurgia.
Secondo Patricia Parreira dell’Università di Sidney, autrice dello studio, la comprensione di cosa possa aver realmente scatenato un episodio di dolore lombare potrebbe aiutare i pazienti ad evitare questi fattori in futuro. Secondo il senso comune, sollevare pesi, posizioni scorrette, attività vigorose e cadute o incidenti potrebbero causare dolore lombare. Questi scenari fanno parte dell’esperienza di vita quotidiana, il che rende più semplice stabilire rapporti di causa/effetto. Non deve sorprendere il fatto che i pazienti tendano a negare che l’origine del dolore possa trovarsi in elementi come consumo di alcool, sesso, distrazione o affaticamento, in quanto si tratta di fattori che possono risultare imbarazzanti, non rientrare nel senso comune o richiedere che il paziente stesso riconosca una qualche sua forma di responsabilità. (Pain online 2015, pubblicato l’1/6)







Fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/dolore-lombare-responsabilita-spesso-malposte.html

Cervicobrachialgia (scarica pdf)

tags cervicobrachialgia sintomi coxalgia mal di schiena terapia ozonoterapia ernia disco lombosacrale
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La cervicobrachialgia è un dolore al collo e al braccio che può presentarsi in modo improvviso (acuto) o invece svilupparsi in modo progressivo.
La cervicobrachialgia non è altro che “la lombosciatalgia delle braccia”. Si tratta, infatti, di una manifestazione dolorosa del collo e degli arti superiori proprio come la lombosciatalgia lo è della schiena e degli arti inferiori. Rispetto alla colonna lombare, la colonna cervicale è meno soggetta a carichi statici costanti ma è maggiormente sollecitata da sovraccarichi dinamici.
La cervicobrachialgia colpisce tutte le età: nella fascia 20-50 anni sono frequentemente in causa eventi traumatici, nelle fasce d’età successive l’artrosi rappresenta la causa principale.
Quando il dolore interessa solo il braccio si parla di brachialgia (analogo alla sciatica delle gambe), quando invece il dolore interessa solo il collo si parla di cervicalgia (analoga alla lombalgia).
Talvolta, i dolori alle braccia e alle spalle sono lancinanti, corrono lungo l’arto raggiungendo le dita della mano e lasciano una sensazione di formicolio ed addormentamento. Ciò è dovuto all’irritazione delle radici dei nervi che fuoriescono tra la terza vertebra cervicale e la seconda toracica.

Sintomi

La cervicobrachialgia si manifesta con dolore al collo e rigidità della regione cervicale, a volte associata a debolezza dei muscoli del collo. Può presentarsi anche un dolore irradiato alla spalla o alla scapola o semplicemente riferito alla scapola. Più frequentemente il dolore si irradia lungo le radici nervose con caratteristiche diverse per ogni radice interessata.
Il dolore può interessare l’intero braccio o una sua parte, a seconda della localizzazione della pressione; può essere sordo o lancinante, che aumenta con alcuni movimenti del collo e può essere presente anche  in condizione di riposo a letto, ove l’unico sollievo è porre una mano sotto la testa.
Le braccia e le mani possono presentarsi deboli, indolenzite o addormentate, tutti sintomi
che sono spesso accompagnati da una sensazione di formicolio.
Il movimento del collo può provocare una sensazione di “scricchiolio” o mal di testa.
Quando sono coinvolte le prime radici nervose cervicali C3-C4 e C4-C5 il dolore e il formicolio saranno tipicamente localizzati alla spalla. Se risultano coinvolte le radici C5-C6 il dolore  può irradiarsi al braccio e alle prime tre dita della mano, mentre il coinvolgimento delle radici C6-C7 e C7-C8 può determinare dolore e formicolio al braccio e alle ultime due dita della mano.
Rispetto alla lombosciatalgia, la cervicobrachialgia causa frequentemente nel paziente forte preoccupazione, soprattutto quando i sintomi colpiscono la mano: il paziente teme di non più recuperarne la piena e corretta funzionalità. In questo caso è necessario controllare l’ansia, rassicurando che, come e forse più rispetto al distretto lombare, la patologia è tipicamente ad evoluzione positiva, con completa risoluzione del quadro doloroso.

Fattori di rischio

Il fumo, la scarsa attività fisica e i traumi del collo come il “colpo di frusta” sono spesso alla base delle patologie discali del distretto cervicale.

Cause

Solo una visita medica permette di definire correttamente l’origine del dolore e suggerire approfondimenti diagnostici e opportuni consigli terapeutici. 
Cause Frequenti:

Compressioni discali

Ernia discale
Protrusione discale

Cause meno Frequenti:


Compressioni non discali

Osteofiti

Cause degenerative

Artrosi
Stenosi canale vertebrale
Degenerazione interna discale

Fratture

Patologie infettive

Osteoporosi

Artrosi

Spondilosi
Malattie autoimmunitarie
    • Spondilite anchilosante
    • Sindrome di Reiter

Neoplasie

Ematoma epidurale
Ematoma muscolare
    • Muscoli paravertebrali
tags: trattamento cervicale cercicalgia cervicoalgia palermo dolore collo ozono ernia dosco cervicale protrusione disco cervicale
fonte: http://www.terapiaozono.it/wordpress/cervicobrachialgia/

Stop alla denominazione “sedazione” per l'anestesia generale. “A rischio la salute dei pazienti”

quante volte: "ma non è anestesia generale vero?" .. "ma no signora !! che dice !! dormirà solo un pò!!"

“Il solo classificare come ‘sedazione’ una procedura anestesiologica complessa come l’anestesia generale basta ad abbassare, a torto, i livelli minimi di diligenza e prudenza necessari per la sicurezza nei locali non classificati come sale operatorie". 

tali prassi si basano sempre più spesso:

- su una distorta applicazione ‘per attrazione’ del falso concetto che ad attività individuate come “a bassa complessità” e/o “a bassa invasività” corrispondano prestazioni anestesiologiche di livello “poco specializzato”, che provoca una deregulation inaccettabile della sicurezza;
- su una distorta classificazione delle prestazioni anestesiologiche richieste per tali procedure, che provoca la tendenza a definirle come “sedazioni”, camuffando con tale termine quelle che invece sono vere e proprie “anestesie generali”.




fonte: http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=29277

Federdolore. Da oggi a sabato il congresso a Roma

Dolore lombare

“Al dolore non bisogna abituarsi! Per questo, combatterlo con l’ausilio di tecniche innovative, in modo concreto e quindi definitivo, deve essere un obiettivo primario per il servizio sanitario nazionale”. Questa è la sfida che il Presidente di Federdolore-SICD, Francesco Amato, vuole lanciare dal congresso della società scientifica che inizia oggi a Roma, presso lo Sheraton Golf Parco de’ Medici, e si conclude sabato 20 giugno.“Da uno studio effettuato– continua Amato -si evince che il dolore non trattato o mal gestito in termini di ricorso al pronto soccorso, di ricoveri inappropriati, di utilizzo di esami (tc e risonanza magnetica, ad esempio) e di farmaci non efficienti, impatta sulla spesa corrente dal 18% al 23% Da sempre Federdolore è impegnata nel diffondere la cultura della non sofferenza. Un altro tema centrale del congresso è rappresentato dalle nuove tecniche come la discectomia per via endoscopica ed altre tecniche microinvasive per il dolore rachideo. Una sezione speciale sarà riservata ai nuovi farmaci oppioidi”. Per evitare comportamenti inappropriati nella gestione di questi nuovi farmaci, Federdolore ha istituito un apposito registro del buon uso
In occasione della tre giorni congressuale saranno illustrati i risultati relativi all’applicazione della legge 38/2010, alla cui stesura ha collaborato anche Federdolore. Grazie a questa legge, da cinque anni, ogni cittadino vede riconosciuto il suo diritto a difendersi dal dolore.




Fonte: http://www.popsci.it/federdolore-da-oggi-a-sabato-il-congresso-a-roma.html

Dolore cronico, pensiero catastrofico e consapevolezza


La riduzione dello stress basata sulla consapevolezza (MBSR) potrebbe risultare efficace quanto la terapia cognitivo-comportamentale per calmare i profili di pensiero catastrofico nei soggetti con dolore lombare cronico. Secondo Judith Turner dell’Università di Washington, autrice di uno studio su 1.977 pazienti, nel complesso i due approcci hanno portato a risultati sorprendentemente simili e sarebbe corretto concludere che entrambi risultino notevolmente efficaci rispetto all’assistenza tradizionale.
Precedenti ricerche hanno dimostrato che sia la MBSR che la terapia cognitivo-comportamentale possono ridurre il dolore cronico, ma quest’ultima richiede uno psicologo esperto, mentre la MBSR può essere praticata anche da personale che abbia seguito corsi meno completi. Le due strategie derivano anche da tradizioni diverse: la MBSR deriva dal buddismo, mentre la terapia cognitivo-comportamentale deriva dalle scuole di psicologia occidentali, affondando le sue radici nello stoicismo greco. E’ stato dimostrato che la MBSR incrementa uno stato di consapevolezza del dolore libero da giudizi e potrebbe anche incrementare l’accettazione del dolore stesso.
La ricerca sulla terapia cognitivo-comportamentale aveva, invece, già dimostrato che essa riduce il catastrofismo, ossia la tendenza ad esagerare le conseguenze del dolore ed a migliorare l’auto-efficacia, ossia la convinzione che un individuo possa effettuare un cambiamento positivo. Il presente studio ha dimostrato che questi costrutti tradizionalmente giudicati molto differenti presentano invece numerose aree di sovrapposizione. (American Pain Society (APS) 34th Annual Scientific Meeting. Abstract 481, presentato il 14/5/2015)


Fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/dolore-cronico-pensiero-catastrofico-e-consapevolezza.html

Il paracetamolo può ridurre gioia e tristezza

Uno tra i più comuni antidolorifici al mondo, il paracetamolo, può ridurre l’intensità di alcune sensazioni come la gioia e la tristezza. Questo è quanto emerge da uno studio, pubblicato su Psychological Science, della Ohio State University pubblicato su . La ricerca ha coinvolto 82 studenti di college americani: a metà di loro è stato somministrato un grammo di paracetamolo, mentre all’altra metà un placebo. Dopo aver atteso che il farmaco facesse effetto, circa un’ora, a tutti gli studenti è stato chiesto di classificare in una scala da estremamente negativo ad estremamente positivo 40 fotografie. La richiesta successiva è stata quella di rivederle, attribuendo loro un punteggio sulla base delle emozioni che riuscivano a scatenare. Dai risultati è emerso che chi aveva assunto paracetamolo valutava tutte le fotografie in modo meno estremo rispetto a chi invece aveva assunto il placebo.
“Le persone che avevano preso il paracetamolo non mostravano gli stessi alti e bassi di quelle che avevano assunto il placebo”, spiega Baldwin Way, uno degli autori della ricerca. I ricercatori hanno fatto poi anche un secondo studio chiedendo, come nel precedente, a 85 persone di dare un giudizio sulle emozioni trasmesse da alcune foto e in aggiunta di riferire quanto colore blu vedessero in ognuna. Ancora una volta, le persone che avevano preso il paracetamolo mostravano reazioni emotive, sia negative che positive, notevolmente smussate, mentre i giudizi sul contenuto di colore blu erano simili nei due gruppi. Questo ha confermato la tesi dei ricercatori, che ora vogliono capire se anche altri farmaci, come ibruprofene o aspirina, abbiano lo stesso effetto.





Fonte:

http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/il-paracetamolo-puo-ridurre-gioia-e-tristezza.html

Stenosi spinale: terapia fisica e chirurgia alla pari


I pazienti con stenosi spinale lombare (LSS) che hanno ricevuto terapia fisica vanno incontro ad un alleviamento dei sintomi ed a miglioramenti funzionali simili a quelli dei soggetti sottoposti a decompressione chirurgica nei primi due anni di trattamento. Nell’ambito di uno studio multicentrico in materia condotto su 169 pazienti, infatti, non è stata riscontrata alcuna differenza fra i due trattamenti: in entrambi i casi i miglioramenti hanno iniziato ad emergere dopo 10 settimane, proseguendo sino a 26 settimane e mantenendo il progresso per tutto il periodo di monitoraggio di due anni.
La stenosi spinale lombare è la causa di chirurgia lombare più frequentemente citata negli USA, ma gli esiti di precedenti studi che avevano paragonato il trattamento chirurgico a quello non chirurgico erano stati poco chiari. Secondo l’autore del presente studio, Anthony Delitto dell’Università di Pittsburgh, sulla base dei nuovi dati pazienti ed operatori sanitari dovrebbero discutere le evidenze e decidere insieme se sia più appropriata l’opzione chirurgica o quella non chirurgica.
I risultati dello studio, peraltro, vanno anche letti in relazione a quelli di altre indagini, come loSpine Pain Outcomes Research Trial, in cui è stato dimostrato che i benefici della chirurgia tendono a diminuire nel tempo. Date le promesse della terapia fisica in questi studi, ed il fatto che un numero sostanziale di pazienti trattati conservativamente finisce con il ricorrere alla chirurgia in presenza della sensazione che la terapia non stia funzionando, alcuni esperti suggeriscono che al paziente in prima istanza debba essere suggerito un rigoroso regime di terapia fisica. (Ann Intern Med online 2015, pubblicato il 6/4)


Fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/stenosi-spinale-terapia-fisica-e-chirurgia-alla-pari.html