Emanuele Sbacchi - Terapia del Dolore - Ozonoterapia

Cannabis: da droghe leggere danni pesanti

In realtà, “i danni provocati dalle cosiddette droghe leggere sono molto pesanti”. A parlare è Umberto Tirelli, direttore del Dipartimento di oncologia medica del Centro di ferimento oncologico di Aviano, bocciando senza appello la proposta di legge bipartisan presentata da 218 parlamentari per legalizzare la cannabis. Varie, spiega l’esperto, le ragioni a sostegno del ”no alla legalizzazione”.
Innanzitutto, chiarisce, ”la quantità di principio attivo della cannabis è passata dal 5% degli anni ’70 al 50-80% di oggi. Non esistono droghe leggere, e la cannabis superpotente, poiché modificata, è spacciata soprattutto fra i giovani e giovanissimi che la usano senza sapere i rischi che corrono”. Ed ancora ”a chi fuma marijuana, va detto che questa abitudine danneggia gravemente i polmoni, aumenta il rischio di cancro, danneggia le facoltà cognitive come l’attenzione e la memoria ed aumenta conseguentemente il rischio di incidenti stradali”.
Il punto, secondo Tirelli, è che ”nella nostra società si è andata sempre più evidenziando una sorta di accettazione, quasi ineluttabile, delle droghe in generale, basti pensare a quello che è successo nello sport e all’uso degli anabolizzanti. Ma se esiste il fumo di sigaretta e se esiste l’abuso dell’alcool, non e’ possibile accettare il principio che per non fare delle differenze devono essere approvate anche la marijuana e le altre droghe cosiddette leggere”.
Inoltre, prosegue, ”è ovvio che se il fumo di sigaretta provoca ogni anno nel mondo un milione di tumori del polmone, il fumo delle droghe leggere aggiunge solo altre vittime. Infatti, non è la nicotina che provoca questi problemi, anche se è ovviamente alla base della dipendenza che si crea fumando il tabacco, bensì i prodotti della combustione che sono cancerogeni, ed è lo stesso processo che si verifica fumando marijuana”. Il tutto con un’aggravante: ”la marijuana, a differenze del tabacco, può provocare alterazioni cerebrali, senza escludere effetti a medio e lungo termine sulla funzionalità del cervello stesso e sul sistema immunitario”.
Insomma, conclude l’oncologo, ”bisogna combattere contro ogni tipo di droga ed è senz’altro consigliabile che almeno i medici si oppongano decisamente all’utilizzo delle droghe leggere da parte di chicchessia e che i politici facciano in modo, con leggi adeguate, non di legalizzare le droghe come vorrebbero fare oggi, ma di combattere il fenomeno senza fare inutili distinzioni tra quello che viene considerato leggero o pesante. E’ soltanto dannoso”.






Fonte: http://www.popsci.it/cannabis-da-droghe-leggere-danni-pesanti.html

Dolore nei bambini? Lo misura l’algoritmo

Il dolore nei bambini è spesso difficile da quantificare, ma in aiuto dei medici può essere usato l’algoritmo che permette ai computer di riconoscere i volti opportunamente modificato. Lo ha dimostrato uno studio della San Diego School of Medicine pubblicato dalla rivista Pediatrics, secondo cui il programma è in grado di dare una stima uguale a quella fatta dai genitori e migliore di quella degli infermieri. Lo studio si basa su 50 bambini e ragazzi tra i 5 e i 18 anni che si erano sottoposti ad appendicectomia in un ospedale di San Diego.
I ricercatori hanno filmato i partecipanti in tre differenti visite post intervento, a 24 e 48 ore e a due settimane, raccogliendo anche la stima del dolore provato dei pazienti, dei genitori e di un infermiere. Il software, che si basa su 46 movimenti possibili del volto, ha eseguito una stima del dolore provato su una scala da 1 a 10, che poi è stata confrontata con le altre. “Di solito i genitori sono più accurati dei medici nello stimare il dolore dei propri bambini – spiegano gli autori – ma non sono sempre presenti. Il programma si è dimostrato bravo quanto i genitori nel dare un voto al dolore, e migliore rispetto al personale sanitario”.

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 Fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/dolere-nei-bambini-lo-misura-lalgoritmo.html

Emicrania: prescrizioni inappropriate di oppiacei e barbiturici


La prescrizione inappropriata di oppiacei e barbiturici per il trattamento dell’emicrania è un fenomeno comune: lo ha stabilito un recente studio che ha esaminato per primo le recenti statistiche riguardo il consumo di questi farmaci su 217 pazienti che si sono presentati all’osservazione in un centro cefalee.
Secondo Mina Minen della New York University, autrice dello studio, questi risultati sono sorprendenti in quanto le attuali linee guida indicano che questi farmaci non siano raccomandati come trattamento di prima linea per le cefalee primarie, ma essi sono ancora usati da un sostanziale numero di pazienti. Diverse società specialistiche hanno editato raccomandazioni che sconsigliano l’uso indiscriminato di oppiacei o barbiturici per il trattamento dell’emicrania, consigliando invece i triptani come trattamento di prima linea per le emicranie moderate-gravi ed i FANS per cefalee più lievi. Altrettanto sorprendente è stata la durata per cui molti pazienti hanno ricevuto oppiacei o barbiturici, dato che un quarto di essi ha riportato di averli assunti per più di 2 anni. Un documento edito dall’American Academy of Neurology ha dichiarato che non sussistono evidenze sostanziali a supporto dell’impiego a lungo termine degli oppiacei e che esso comporta gravi rischi di overdose e dipendenza. Secondo alcuni esperti, peraltro, oppiacei e barbiturici risultano inappropriati per questi pazienti anche perché essi inducono cefalee ancora più frequenti se assunti in eccesso. (American Headache Society (AHS) 57th Annual Scientific Meeting. Abstract PF01, presentato il 19/6/2015)



Fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/emicrania-prescrizioni-inappropriate-di-oppiacei-e-barbiturici.html

Dolore lombare: responsabilità spesso malposte

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I soggetti che soffrono di dolore lombare spesso pensano che uno specifico momento di sforzo estremo abbia scatenato il loro problema, anche se alcuni semplici gesti della vita quotidiana hanno la stessa possibilità di contribuirvi. In una recente ricerca, due terzi dei 999 pazienti interpellati ha incolpato dei propri problemi una specifica esperienza vissuta nel giorno in cui il dolore è insorto. Dato che i fattori scatenanti del dolore lombare possono intervenire giorni o anche settimane prima dell’insorgenza improvvisa del problema, è probabile che molti pazienti ne attribuiscano erroneamente le origini.

Benchè il dolore lombare acuto tenda ad essere caratterizzato da una prognosi positiva e migliori con il tempo, il mancato riconoscimento dei segnali d’allarme può avere conseguenze negative. Il dolore lombare rappresenta una delle principali cause di disabilità, interessando un soggetto su 10. Il rischio di sviluppare questo genere di dolore aumenta con l’età ed esso può essere trattato mediante farmaci, esercizio, applicazioni di calore o ghiaccio o talvolta con la chirurgia.
Secondo Patricia Parreira dell’Università di Sidney, autrice dello studio, la comprensione di cosa possa aver realmente scatenato un episodio di dolore lombare potrebbe aiutare i pazienti ad evitare questi fattori in futuro. Secondo il senso comune, sollevare pesi, posizioni scorrette, attività vigorose e cadute o incidenti potrebbero causare dolore lombare. Questi scenari fanno parte dell’esperienza di vita quotidiana, il che rende più semplice stabilire rapporti di causa/effetto. Non deve sorprendere il fatto che i pazienti tendano a negare che l’origine del dolore possa trovarsi in elementi come consumo di alcool, sesso, distrazione o affaticamento, in quanto si tratta di fattori che possono risultare imbarazzanti, non rientrare nel senso comune o richiedere che il paziente stesso riconosca una qualche sua forma di responsabilità. (Pain online 2015, pubblicato l’1/6)







Fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/dolore-lombare-responsabilita-spesso-malposte.html