Emanuele Sbacchi - Terapia del Dolore - Ozonoterapia

Cervicobrachialgia (scarica pdf)

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La cervicobrachialgia è un dolore al collo e al braccio che può presentarsi in modo improvviso (acuto) o invece svilupparsi in modo progressivo.
La cervicobrachialgia non è altro che “la lombosciatalgia delle braccia”. Si tratta, infatti, di una manifestazione dolorosa del collo e degli arti superiori proprio come la lombosciatalgia lo è della schiena e degli arti inferiori. Rispetto alla colonna lombare, la colonna cervicale è meno soggetta a carichi statici costanti ma è maggiormente sollecitata da sovraccarichi dinamici.
La cervicobrachialgia colpisce tutte le età: nella fascia 20-50 anni sono frequentemente in causa eventi traumatici, nelle fasce d’età successive l’artrosi rappresenta la causa principale.
Quando il dolore interessa solo il braccio si parla di brachialgia (analogo alla sciatica delle gambe), quando invece il dolore interessa solo il collo si parla di cervicalgia (analoga alla lombalgia).
Talvolta, i dolori alle braccia e alle spalle sono lancinanti, corrono lungo l’arto raggiungendo le dita della mano e lasciano una sensazione di formicolio ed addormentamento. Ciò è dovuto all’irritazione delle radici dei nervi che fuoriescono tra la terza vertebra cervicale e la seconda toracica.

Sintomi

La cervicobrachialgia si manifesta con dolore al collo e rigidità della regione cervicale, a volte associata a debolezza dei muscoli del collo. Può presentarsi anche un dolore irradiato alla spalla o alla scapola o semplicemente riferito alla scapola. Più frequentemente il dolore si irradia lungo le radici nervose con caratteristiche diverse per ogni radice interessata.
Il dolore può interessare l’intero braccio o una sua parte, a seconda della localizzazione della pressione; può essere sordo o lancinante, che aumenta con alcuni movimenti del collo e può essere presente anche  in condizione di riposo a letto, ove l’unico sollievo è porre una mano sotto la testa.
Le braccia e le mani possono presentarsi deboli, indolenzite o addormentate, tutti sintomi
che sono spesso accompagnati da una sensazione di formicolio.
Il movimento del collo può provocare una sensazione di “scricchiolio” o mal di testa.
Quando sono coinvolte le prime radici nervose cervicali C3-C4 e C4-C5 il dolore e il formicolio saranno tipicamente localizzati alla spalla. Se risultano coinvolte le radici C5-C6 il dolore  può irradiarsi al braccio e alle prime tre dita della mano, mentre il coinvolgimento delle radici C6-C7 e C7-C8 può determinare dolore e formicolio al braccio e alle ultime due dita della mano.
Rispetto alla lombosciatalgia, la cervicobrachialgia causa frequentemente nel paziente forte preoccupazione, soprattutto quando i sintomi colpiscono la mano: il paziente teme di non più recuperarne la piena e corretta funzionalità. In questo caso è necessario controllare l’ansia, rassicurando che, come e forse più rispetto al distretto lombare, la patologia è tipicamente ad evoluzione positiva, con completa risoluzione del quadro doloroso.

Fattori di rischio

Il fumo, la scarsa attività fisica e i traumi del collo come il “colpo di frusta” sono spesso alla base delle patologie discali del distretto cervicale.

Cause

Solo una visita medica permette di definire correttamente l’origine del dolore e suggerire approfondimenti diagnostici e opportuni consigli terapeutici. 
Cause Frequenti:

Compressioni discali

Ernia discale
Protrusione discale

Cause meno Frequenti:


Compressioni non discali

Osteofiti

Cause degenerative

Artrosi
Stenosi canale vertebrale
Degenerazione interna discale

Fratture

Patologie infettive

Osteoporosi

Artrosi

Spondilosi
Malattie autoimmunitarie
    • Spondilite anchilosante
    • Sindrome di Reiter

Neoplasie

Ematoma epidurale
Ematoma muscolare
    • Muscoli paravertebrali
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fonte: http://www.terapiaozono.it/wordpress/cervicobrachialgia/

Stop alla denominazione “sedazione” per l'anestesia generale. “A rischio la salute dei pazienti”

quante volte: "ma non è anestesia generale vero?" .. "ma no signora !! che dice !! dormirà solo un pò!!"

“Il solo classificare come ‘sedazione’ una procedura anestesiologica complessa come l’anestesia generale basta ad abbassare, a torto, i livelli minimi di diligenza e prudenza necessari per la sicurezza nei locali non classificati come sale operatorie". 

tali prassi si basano sempre più spesso:

- su una distorta applicazione ‘per attrazione’ del falso concetto che ad attività individuate come “a bassa complessità” e/o “a bassa invasività” corrispondano prestazioni anestesiologiche di livello “poco specializzato”, che provoca una deregulation inaccettabile della sicurezza;
- su una distorta classificazione delle prestazioni anestesiologiche richieste per tali procedure, che provoca la tendenza a definirle come “sedazioni”, camuffando con tale termine quelle che invece sono vere e proprie “anestesie generali”.




fonte: http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=29277

Federdolore. Da oggi a sabato il congresso a Roma

Dolore lombare

“Al dolore non bisogna abituarsi! Per questo, combatterlo con l’ausilio di tecniche innovative, in modo concreto e quindi definitivo, deve essere un obiettivo primario per il servizio sanitario nazionale”. Questa è la sfida che il Presidente di Federdolore-SICD, Francesco Amato, vuole lanciare dal congresso della società scientifica che inizia oggi a Roma, presso lo Sheraton Golf Parco de’ Medici, e si conclude sabato 20 giugno.“Da uno studio effettuato– continua Amato -si evince che il dolore non trattato o mal gestito in termini di ricorso al pronto soccorso, di ricoveri inappropriati, di utilizzo di esami (tc e risonanza magnetica, ad esempio) e di farmaci non efficienti, impatta sulla spesa corrente dal 18% al 23% Da sempre Federdolore è impegnata nel diffondere la cultura della non sofferenza. Un altro tema centrale del congresso è rappresentato dalle nuove tecniche come la discectomia per via endoscopica ed altre tecniche microinvasive per il dolore rachideo. Una sezione speciale sarà riservata ai nuovi farmaci oppioidi”. Per evitare comportamenti inappropriati nella gestione di questi nuovi farmaci, Federdolore ha istituito un apposito registro del buon uso
In occasione della tre giorni congressuale saranno illustrati i risultati relativi all’applicazione della legge 38/2010, alla cui stesura ha collaborato anche Federdolore. Grazie a questa legge, da cinque anni, ogni cittadino vede riconosciuto il suo diritto a difendersi dal dolore.




Fonte: http://www.popsci.it/federdolore-da-oggi-a-sabato-il-congresso-a-roma.html

Dolore cronico, pensiero catastrofico e consapevolezza


La riduzione dello stress basata sulla consapevolezza (MBSR) potrebbe risultare efficace quanto la terapia cognitivo-comportamentale per calmare i profili di pensiero catastrofico nei soggetti con dolore lombare cronico. Secondo Judith Turner dell’Università di Washington, autrice di uno studio su 1.977 pazienti, nel complesso i due approcci hanno portato a risultati sorprendentemente simili e sarebbe corretto concludere che entrambi risultino notevolmente efficaci rispetto all’assistenza tradizionale.
Precedenti ricerche hanno dimostrato che sia la MBSR che la terapia cognitivo-comportamentale possono ridurre il dolore cronico, ma quest’ultima richiede uno psicologo esperto, mentre la MBSR può essere praticata anche da personale che abbia seguito corsi meno completi. Le due strategie derivano anche da tradizioni diverse: la MBSR deriva dal buddismo, mentre la terapia cognitivo-comportamentale deriva dalle scuole di psicologia occidentali, affondando le sue radici nello stoicismo greco. E’ stato dimostrato che la MBSR incrementa uno stato di consapevolezza del dolore libero da giudizi e potrebbe anche incrementare l’accettazione del dolore stesso.
La ricerca sulla terapia cognitivo-comportamentale aveva, invece, già dimostrato che essa riduce il catastrofismo, ossia la tendenza ad esagerare le conseguenze del dolore ed a migliorare l’auto-efficacia, ossia la convinzione che un individuo possa effettuare un cambiamento positivo. Il presente studio ha dimostrato che questi costrutti tradizionalmente giudicati molto differenti presentano invece numerose aree di sovrapposizione. (American Pain Society (APS) 34th Annual Scientific Meeting. Abstract 481, presentato il 14/5/2015)


Fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/dolore-cronico-pensiero-catastrofico-e-consapevolezza.html

Il paracetamolo può ridurre gioia e tristezza

Uno tra i più comuni antidolorifici al mondo, il paracetamolo, può ridurre l’intensità di alcune sensazioni come la gioia e la tristezza. Questo è quanto emerge da uno studio, pubblicato su Psychological Science, della Ohio State University pubblicato su . La ricerca ha coinvolto 82 studenti di college americani: a metà di loro è stato somministrato un grammo di paracetamolo, mentre all’altra metà un placebo. Dopo aver atteso che il farmaco facesse effetto, circa un’ora, a tutti gli studenti è stato chiesto di classificare in una scala da estremamente negativo ad estremamente positivo 40 fotografie. La richiesta successiva è stata quella di rivederle, attribuendo loro un punteggio sulla base delle emozioni che riuscivano a scatenare. Dai risultati è emerso che chi aveva assunto paracetamolo valutava tutte le fotografie in modo meno estremo rispetto a chi invece aveva assunto il placebo.
“Le persone che avevano preso il paracetamolo non mostravano gli stessi alti e bassi di quelle che avevano assunto il placebo”, spiega Baldwin Way, uno degli autori della ricerca. I ricercatori hanno fatto poi anche un secondo studio chiedendo, come nel precedente, a 85 persone di dare un giudizio sulle emozioni trasmesse da alcune foto e in aggiunta di riferire quanto colore blu vedessero in ognuna. Ancora una volta, le persone che avevano preso il paracetamolo mostravano reazioni emotive, sia negative che positive, notevolmente smussate, mentre i giudizi sul contenuto di colore blu erano simili nei due gruppi. Questo ha confermato la tesi dei ricercatori, che ora vogliono capire se anche altri farmaci, come ibruprofene o aspirina, abbiano lo stesso effetto.





Fonte:

http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/il-paracetamolo-puo-ridurre-gioia-e-tristezza.html

Stenosi spinale: terapia fisica e chirurgia alla pari


I pazienti con stenosi spinale lombare (LSS) che hanno ricevuto terapia fisica vanno incontro ad un alleviamento dei sintomi ed a miglioramenti funzionali simili a quelli dei soggetti sottoposti a decompressione chirurgica nei primi due anni di trattamento. Nell’ambito di uno studio multicentrico in materia condotto su 169 pazienti, infatti, non è stata riscontrata alcuna differenza fra i due trattamenti: in entrambi i casi i miglioramenti hanno iniziato ad emergere dopo 10 settimane, proseguendo sino a 26 settimane e mantenendo il progresso per tutto il periodo di monitoraggio di due anni.
La stenosi spinale lombare è la causa di chirurgia lombare più frequentemente citata negli USA, ma gli esiti di precedenti studi che avevano paragonato il trattamento chirurgico a quello non chirurgico erano stati poco chiari. Secondo l’autore del presente studio, Anthony Delitto dell’Università di Pittsburgh, sulla base dei nuovi dati pazienti ed operatori sanitari dovrebbero discutere le evidenze e decidere insieme se sia più appropriata l’opzione chirurgica o quella non chirurgica.
I risultati dello studio, peraltro, vanno anche letti in relazione a quelli di altre indagini, come loSpine Pain Outcomes Research Trial, in cui è stato dimostrato che i benefici della chirurgia tendono a diminuire nel tempo. Date le promesse della terapia fisica in questi studi, ed il fatto che un numero sostanziale di pazienti trattati conservativamente finisce con il ricorrere alla chirurgia in presenza della sensazione che la terapia non stia funzionando, alcuni esperti suggeriscono che al paziente in prima istanza debba essere suggerito un rigoroso regime di terapia fisica. (Ann Intern Med online 2015, pubblicato il 6/4)


Fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/stenosi-spinale-terapia-fisica-e-chirurgia-alla-pari.html

Quando il parto indolore non è un diritto


In Italia, la partoanalgesia, una tecnica che allevia il dolore del parto, non è ancora un diritto e la sua diffusione continua ad essere a macchia di leopardo, anche a causa della carenza di anestesisti rianimatori. Inoltre, senza riorganizzazione dei punti nascita e nuove assunzioni, il parto indolore non può entrare nei Livelli essenziali di assistenza (Lea).
Il problema è stato sollevato oggi all’undicesimo congresso Siared degli anestesisti rianimatori in corso di svolgimento a Riva del Garda. Durante il convegno è emerso che, ad oggi, solo alcune Regioni hanno disposto finanziamenti specifici e la percentuale nazionale dei parti in analgesia è di circa il 10%. Un altro problema è quello del cosiddetto “consenso informato”, attraverso il quale vengono spiegati i rischi e i benefici per condividere assieme, medico anestesista e partoriente, cosa fare. “L’informazione corretta permette alla donna di fare una scelta consapevole e riduce i malintesi”, afferma Paolo Gregorini, Consigliere Siared Emilia Romagna e anestesista rianimatore all’Ospedale Maggiore di Bologna.
“Se è facile spiegare che nell’1% si può avere mal di testa per qualche giorno, più difficile risulta spiegare la possibilità di complicanze rarissime. A questo scopo, nella nostra esperienza, la collaborazione tra medici, medici di direzione, statistici e medici legali ha cercato di tradurre l’informazione con termini comprensibili”, conclude.


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fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/il-parto-indolore-non-e-un-diritto.html

Scoperto il gene del dolore


Ancora una volta la “colpa” è del Dna. Se sentiamo dolore quando ci tagliamo un dito o fratturiamo un osso, la spiegazione sta nei geni. I ricercatori guidati da Geoffrey Woods e Jan Senderek, dell’Università di Cambridge, hanno infatti scoperto il gene del dolore, PRDM12, aprendo così la strada a nuove terapie. Come riportato su Nature Genetics, la chiave per comprendere meglio come nasca il dolore, gli studiosi l’hanno trovata proprio in chi è incapace di provarlo, perché affetto da insensibilità congenita al dolore (cip), una rara condizione per cui una persona non riesce a provare sofferenza fisica. Le cause sono molteplici e capire i cambiamenti molecolari che ne sono alla base può aiutare a sviluppare terapie per il dolore cronico.
Il dolore è un meccanismo di allerta che ci può proteggere da pericoli, ma a volte molto difficile da sopportare e gestire. Così, partendo dallo studio di pazienti con questa patologia, membri di 11 famiglie non imparentate tra loro, che presentavano mutazioni in entrambe le copie del gene PRDM, i ricercatori sono riusciti a identificare 10 diverse mutazioni nel gene PRDM12. Chi ha queste mutazioni è, dunque, incapace di sentire il dolore fin dalla nascita, e non riesce a distinguere tra il freddo e un calore sgradevole, mentre gli altri sensi sono normali. Usando le cellule di topi e uomini non con questa patologia, i ricercatori hanno visto poi che il gene PDRM12 è espresso proprio dai recettori del dolore e cellule collegate, e che la proteina da esso prodotta è un fattore chiave per la genesi dei nervi collegati alle sensazioni e può essere presa come bersaglio per nuove terapie antidolore.


Fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/scoperto-il-gene-del-dolore.html

Fibromialgia: esercizio stimola modulazione del dolore


L’esercizio attiva i centri cerebrali associati alla modulazione del dolore nei pazienti con fibromialgia e potrebbe rivelarsi una forma di trattamento efficace per questa condizione. Secondo Laura Ellingson della Iowa State University di Ames, autrice di uno studio in materia su 12 donne, l’esercizio acuto determina una forma di miglioramento temporaneo nella modulazione del dolore a mediazione centrale e ciò accade senza alcuna esacerbazione dei sintomi dolorosi.
La comprensione del modo in cui questa modulazione agisce nel sistema nervoso centrale potrebbe fornire alcuni approfondimenti sulla causa della stessa fibromialgia. Alcuni studi precedenti avevano dimostrato una riduzione della sensibilità al dolore dopo l’esercizio, mentre altri non hanno dimostrato alcun effetto o anche un incremento del dolore stesso.
Secondo l’autrice, l’esercizio potrebbe fungere da trattamento tramite il passaggio di questi cambiamenti temporanei verso cambiamenti permanenti nel tempo. Secondo alcuni esperti, questo studio ha gettato luce su un difficile problema nella gestione del dolore: l’esercizio rappresenta forse il miglior antidepressivo ed analgesico che sia mai stato inventato, ma i pazienti con fibromialgia rifuggono da questa pratica per via del dolore e si tratta di un ostacolo da superare se si vuole raggiungere la fase in cui il dolore scompare.
Essi sottolineano come uno dei punti di forza dello studio sia stata l’unione dell’esercizio con il monitoraggio RM della funzionalità cerebrale delle pazienti, in quanto essa svela almeno parzialmente il meccanismo tramite il quale si instaura il beneficio dell’esercizio stesso. (American Pain Society (APS) 34th Annual Scientific Meeting, presentato il 13/5)




Fonte http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/fibromialgia-esercizio-stimola-modulazione-del-dolore.html

Dolore cronico, 40% malati non ha accesso a terapie

                                   
Il 40% delle persone che soffrono di dolore cronico non riesce ad accedere alle terapie adeguate. L’allarme, a cinque anni dall’approvazione della legge che garantisce il diritto all’accesso, e’ dellaFondazione Ghirotti, che promuove per domenica 31 maggio la Giornata del Sollievo, giunta alla quattordicesima edizione. Solo tre persone su dieci, sottolineano gli esperti, sono indirizzate ai trattamenti idonei dai medici di famiglia, piu’ del 60% non sa a chi rivolgersi, il che puo’ portare anche a 36 mesi di attesa prima di arrivare a un centro specializzato. Il 40% dei malati, aggiunge la Fondazione che ha istituito ormai da 15 anni il numero verde 800301510 per il supporto ai pazienti, soffre di depressione, e il 22% perde il lavoro. Sono circa 500mila i pazienti con dolore cronico in Italia.
“Quello che meritoriamente e’ diventato un diritto grazie alla legge deve diventarlo effettivamente su tutto il territorio nazionale – ha affermato Sergio Chiamparino, presidente della Conferenza delle Regioni -. Detto questo basta guardare alla tabella sulla distribuzione degli hospice nelle regioni, ci sono disparita’ ma passi avanti sono stati fatti, se il 40% non riesce ad accedere alle terapie vuol dire che il 60% ci riesce, non e’ un dato da sottovalutare”. In occasione della giornata, che vedra’ 190 iniziative in tutta Italia, la Fondazione lancia due proposte, l’avvio di un osservatorio non istituzionale che raccolga le voci dei pazienti in cerca di sollievo e l’istituzione di un polo di eccellenza per la ricerca.




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Fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/dolore-cronico-40-malati-non-ha-accesso-a-terapie.html

Radicolopatie: nuovo bloccante dei canali del sodio contro il dolore

Un nuovo bloccante dei canali del sodio, noto come CNV1014802, riduce il dolore neuropatico derivante dalle radicolopatie lombosacrali. I pazienti che assumono questo farmaco vanno incontro ad un miglioramento di circa un punto nella Pain Intensity Numerical Rating Scale (PI-NRS),  dove un punteggio pari a zero corrisponde all’assenza di dolore e pari a 10 al massimo dolore possibile.
La radicolopatia lombosacrale è comune, ma nessun trattamento è stato sinora approvato per questa indicazione, ed il tasso di fallimenti registrati è stato enorme. Alla luce di ciò aumenta la rilevanza dei risultati del presente studio di fase 2, condotto su 82 pazienti da Simon Tate dellaConvergence Pharmaceuticals, che alcuni esperti hanno descritto come “sorprendenti”.
Il CNV1014802 è una piccola ed innovativa molecola bloccante dei canali del sodio stato-dipendenti che presenta potenza e selettività nei confronti dl canale Nav1.7. Alcuni studi precedenti hanno dimostrato che si tratta di un farmaco ben tollerato che può essere somministrato a dosi terapeutiche senza necessità di titolazione. Altrettanto sorprendente è stata giudicata la bassa incidenza di effetti collaterali, data la presenza di svariati canali del sodio all’interno dell’organismo.
Contemporaneamente è stato presentato anche un altro studio in cui la stessa molecola è stata impiegata contro la nevralgia del trigemino ed in cui essa si è dimostrata superiore al placebo in tutti i parametri di efficacia considerati, compresi quelli riguardanti il livello di dolore e la funzionalità globale. L’autore afferma di avere in programma uno studio di fase 2b sulle radicolopatie lombosacrali in cui è prevista per i pazienti l’assunzione del farmaco per un periodo più prolungato. (American Pain Society (APS) 34th Annual Scientific Meeting. Abstracts 387-388, presentato il 14/5/2015)




Fonte: http://www.popsci.it/canali-medicina/dolore/radicolopatie-nuovo-bloccante-dei-canali-del-sodio-contro-il-dolore.html

Tromboembolia: FANS aumentano il rischio

I FANS possono quasi raddoppiare il rischio di tromboembolia venosa, ivi compreso quello di trombosi venosa profonda e di embolia polmonare. Lo ha dimostrato una recente meta-analisi condotta da Patompong Ungprasert della Columbia University di New York, secondo cui i medici dovrebbero essere a conoscenza di questa associazione ed i FANS dovrebbero essere prescritti con cautela, specie nei pazienti ad elevato rischio di base di tromboembolia venosa.
Si tratta della prima revisione sistematica con meta-analisi degli studi osservazionali sinora pubblicati ad esaminare l’associazione fra uso di FANS e tromboembolia venosa. Sono stati impiegati gli studi osservazionali in quanto la complicazione considerata è troppo rara per emergere in modo affidabile nella maggior parte degli studi clinici randomizzati. Nell’analisi finale sono stati inclusi 6 studi scelti fra 597 possibili indagini, per un totale di 21.401 eventi tromboembolici. Il meccanismo con cui essi vengono favoriti dai FANS rimane ancora ignoto: è stato però dimostrato che l’inibizione della COX-2 inibisce a sua volta la sintesi di prostacicline, potenti inibitori dell’attivazione piastrinica, stimolando allo stesso tempo il rilascio di trombossano, un potente facilitatore dell’aggregazione piastrinica, da parte delle piastrine attivate.
L’attivazione ed aggregazione delle piastrine potrebbe, a sua volta, indurre una cascata coagulativa e la formazione di trombi. Secondo gli autori, nonostante non sia stato possibile dimostrare la presenza di una relazione di causalità, data la diffusione dei FANS l’incremento del rischio potrebbe avere importanti implicazioni per la salute pubblica. (Rheumatology online 2014, pubblicato il 24/9)



fonte:http://www.popsci.it/canali-medicina/sangue-coagulazione/tromboembolia-fans-aumentano-il-rischio.html